Reality check. Il clima non peggiora ma tutto il resto sì.
E’ autunno e piove in Italia. Spesso tira anche vento. Altrove è sempre autunno e fa anche freddo. Insomma, anche a soffermarsi solo sul nostro emisfero, un posto dove c’è maltempo, anche intenso lo si trova sempre. Quindi sotto coi commenti.
Da corriere.it: Sull’Italia venti veloci come uragani: «Da noi sempre più frequenti
Il popolo di Santi, poeti e navigatori, abbandonata per evidente insuccesso anche la professione di allenatori della nazionale di calcio e dopo una fugace apparizione tra le fila dei meteorologi, sbarca con successo nella pratica della climatologia. E quello di parlare di parlare di climatologia senza dati diventa lo sport nazionale. Venti sempre più forti? Trombe d’aria sempre più frequenti? Danni sempre più ingenti? Chi li ha contate?
Ecco qua, un paper neanche tanto fresco, che quindi qualcuno dovrebbe aver letto, anche perché, guarda il caso, è uscito grazie al lavoro di nostri concittadini e di nostre Istituzioni:
No upward trend in normalised windstorm losses in Europe: 1970–2008
Il tema è quanto mai interessante perché pone il problema della valutazione della capacità di progredire prestando attenzione alla vulnerabilità del nostro modo di vivere. In pratica, presi i pochi dati che sono disponibili in relazione agli eventi di forte ventilazione ed ai danni da essi generati e riportata l’entità di quei danni ai giorni nostri, non si registra alcun trend significativo. Vuol dire che non aumenta il vento? Non necessariamente, ma certamente non vuol dire il contrario. Piuttosto appare chiaro che “l’aumento dell’entità dei danni dipende da fattori sociali e dall’aumento dell’esposizione“.
Ma si parlava di venti di intensità paragonabile a quella degli uragani. Al di là della bestialità di affermare che l’Italia stia diventando come la costa atlantica degli USA, vale la pena vedere cosa succede se si applica lo stesso metodo proprio ai danni provocati dagli uragani. Qui la letteratura è molto più abbondante e, mi si perdonerà la parolaccia, gode anche di consenso, che naturalmente viene ignorato. Il paper più fresco è qui sotto:
Normalized hurricane damage in the continental United States 1900–2017
Dall’abstract:
Consistent with observed trends in the frequency and intensity of hurricane landfalls along the continental United States since 1900, the updated normalized loss estimates also show no trend.
Analogamente a quanto rilevato per la frequenza e l’intensità degli uragani, anche i danni da essi provocati, se riportati all’attualità non mostrano alcuna tendenza, né positiva, né negativa.
Ma il clima (e il tempo) non sono solo vento, trombe d’aria o uragani, sono anche tante altre cose. E’ quindi interessante rilevare come anche l’assessment sul clima appena pubblicato oltreoceano spinga sull’acceleratore più del dovuto. Prima il report:
The Fourth National Climate Assessment Volume II: Impacts, Risks, and Adaptation in the United States was just released. NCA assesses the science of climate change and variability and its impacts across the United States. #NCA4 https://t.co/mnHDVgeA50 pic.twitter.com/huF1MsKq7L
— NOAA Climate.gov (@NOAAClimate) November 23, 2018
Con un highlight su cui in molti si sono tuffati a pesce (per esempio Repubblica), quello secondo cui i danni da climatechange potrebbero portare una riduzione del PIL addirittura del 10% negli USA. Neanche Lord Stern, colui che ha letteralmente consegnato la scienza del clima ai mercati aveva osato tanto, la sua stima si fermava infatti al 3% del PIL globale. Qui si parla solo di USA ma, tant’è.
Vale la pena quindi far notare che la faccenda del 10%, pur presente nel report, non è supportata neanche dal peggiore (e più irrealistico) degli scenari climatici, quello definito business as usual, per il quale la stima dell’aumento della temperatura si ferma a circa la metà di quanto necessario – secondo lo stesso report – per arrivare a cotanto disastro economico. Quindi, le stime e le formule utilizzate nel report non supportano le conclusioni del report stesso. Complimenti alla coerenza. Difficile pensare che qualcuno lo possa notare al di là dei soliti noti, come qui sotto.
By request.
Where does the top-line 10% GDP number come from in National Climate Assessment? pic.twitter.com/0ri4Kh671W— Roger Pielke Jr. (@RogerPielkeJr) November 27, 2018
Da segnalare il fatto che Pielke jr, che ha lanciato la discussione qui sopra e tiene famiglia, concluda così, giusto per fugare ogni dubbio sul suo pensiero in materia di AGW:
PS. Climate change is real, and aggressive mitigation and adaptation make very good sense. Trump is still wrong. Which makes an error of this magnitude so much the worse.
C’erano una volta i dati, ora c’è il climatechange.
Fonte: Reality check. Il clima non peggiora ma tutto il resto sì.