Una tragedia evitabile, ed il dovere di evitarne altre in futuro

All'indomani del crollo del ponte Morandi, avvenuta lo scorso 14 agosto a causa della probabile rottura degli stralli di sostegno, causando la morte di più di 40 persone, han fatto discutere le parole a caldo di alcuni rappresentanti del neo governo in carica, intenzionati a revocare le concessioni alla società incaricata della gestione e manutenzione del ponte, Autostrade Spa.
In questo momento la priorità è certamente rivolta al recupero delle vittime, alla messa in sicurezza di ciò che rimane del ponte, alla rimozione delle macerie ed alla sistemazione degli sfollati, ovvero gli occupanti le abitazioni situate sotto il viadotto.
Probabilmente non era il momento ideale per simili esternazioni. Tuttavia il dibattito è aperto e si suddivide tra la reale possibilità di revocare la concessione e l’effettiva opportunità di mettere in pratica un simile provvedimento.
Autostrade per l’Italia, che ha subito pesanti ripercussioni ai propri titoli azionari a seguito dei suddetti eventi, fin da subito si è dichiarata pronta a dimostrare di aver adempiuto correttamente agli obblighi di verifica dell’integrità e manutenzione del Morandi, avviando immediati progetti di ricostruzione, il cui termine è inizialmente stimato in 6 mesi.
Il governo dal canto suo ha annunciato l’istituzione di un’apposita commissione parlamentare d’inchiesta per accertare le responsabilità, puntando il dito sulla società autostrade, la quale godrebbe di concessioni rilasciate a prezzi di gran lunga inferiori degli incassi realizzati con i pedaggi.
Ma esiste la concreta possibilità di revocare le concessioni? E soprattutto sarebbe una misura opportuna?
Il premier Conte nel commentare la sciagura ha annunciato l’intenzione di rivedere le convenzioni autostradali, aggiungendo clausole più restrittive a fronte di responsabilità civili e penali, desecretandone il contenuto: un intento in linea con la politica del nuovo corso governativo.
Alla luce dei contratti in vigore la revoca delle concessioni non appare una strada concretamente attuabile.
In primo luogo andrebbero accertate le responsabilità dell’accaduto: i compiti di verifica dell’integrità delle infrastrutture è anche affidato al Ministero dei Trasporti, pertanto bisognerebbe verificare se chi ha vigilato sul Morandi abbia svolto correttamente il proprio lavoro.
Se venisse accertata la totale responsabilità delle Autostrade, un provvedimento di revoca potrebbe anche essere emesso, ma verrebbe certamente impugnato dalla compagnia ed i tempi processuali sarebbero molto lunghi.
Inoltre non esistono precedenti giurisprudenziali in tale senso: ad oggi non si registrano condanne a carico della società autostrade in processi aperti a seguito di incidenti o di cedimento delle strutture.
Ma in caso di revoca, chi gestirebbe la rete autostradale, non esistendo in Italia altre società strutturate in tal senso?
Il controllo andrebbe in mano allo Stato Italiano, che attualmente non dispone delle risorse umane ed economiche necessarie per far fronte alle esigenze di gestione, verifica e controllo di una rete viaria così ampia.
È impossibile trovare un senso alla morte di circa 40 persone, ma certamente c’è la possibilità di fare in modo di non averne altre in futuro.
La piena collaborazione tra lo Stato Italiano e la società Autostrade è probabilmente la soluzione migliore in primis per il ripristino della viabilità genovese, e per l’avvio immediato di un’intensa ed accurata attività di controllo dell’integrità di tutti i ponti e viadotti presenti sul territorio nazionale.